eva gerace
Marlon Brando – Quando il desiderio si fa uomo
21 Giugno 2007di Fabrizio Croce
Interpretare una figura chiave della storia quasi mitologica del divismo cinematografico da un punto di vista psicanalitico, può procurare un piacere e un interesse inusuale verso personaggi che, calati giù dall’empireo dell’immaginario collettivo e spogliati dal culto epico e romantico dell’Ideale maschile o femminile, acquistano una dimensione intima, segreta, da teatro kammerspiel, con ambientazione nell’anticamera della psiche di un essere umano, del quale all’inizio del viaggio possiamo vedere solo la proiezione gigantesca e luccicante (magari in bianco e nero) e alla fine, una più proporzionata e autentica versione.
Quest’ultima, pur non consentendoci di comprendere la persona nella sua complessità, ci da l’opportunità di andare oltre l’immagine mitica.
Marlon Brando riassume in sé, con cristallina precisione, il progetto che sta alla base di questo saggio di Eva Gerace Gemelli : scaturito non da un’esigenza autobiografica e neanche da una lettura critica della carriera immensa di quello che è stato identificato come il più importante e influente esponente del metodo Actor’s Studio - vale a dire la leggendaria scuola fondata alla fine degli anni Quaranta a New York da Lee Strasberg e Elia Kazan e da cui è uscito il gotha del cinema e del teatro americani per almeno quattro generazioni.
Ma non si parla tanto del processo che portò Brando a diventare un attore così grande e ammirato e non si sprecano parole sul suo approccio alla recitazione e ai memorabili personaggi cui ha dato vita sul palcoscenico e sul grande schermo.
Tutta la struttura del libro si articola intorno ad un movimento che Marlon\Bud - nella lettura psicanalitica che ne fa la Gerace - comincia a compiere fin dall’infanzia e che ha come fine ultimo il raggiungimento dell’oggetto del suo Desiderio, che prevede un doloroso processo di superamento del conflitto con la figura paterna e di consapevolezza dell’impossibilità di possedere la figura materna.
L’emblematicità del padre e della madre di Marlon, in questo senso (ci dice la Gerace), è indicativa della tensione e dell’aspirazione che hanno portato Brando a diventare da ribelle disadattato, dislessico, insofferente all’autorità a Divo amato, riconosciuto, celebrato nelle ritualità della rappresentazione scenica dove le sue pulsioni distruttive hanno trovato una forma e un’espressione per rigenerarsi in una forza costruttiva che ne ha alimentato il mito e lo ha reso un modello.
E se l’omonimo genitore maschile era un ubriacone egoista, ipocrita e puttaniere, che non si conteneva nell’esprimere al figlio adolescente la sua disistima con frasi come Sei un buono a nulla ! , la madre Dorothy, la cui equivalente dipendenza dall’alcool viene ricordata da Brando in una maniera meno rancorosa, ma più dolorosa e struggente, ha saputo riconoscergli quel talento e quella capacità che segnerà in positivo la sua vita. Questo ragazzo sa recitare, ella disse, dopo averlo visto a una recita natalizia alla scuola militare dov’era stato spedito per correggere il suo carattere indisciplinato.
La potenza delle frasi, delle parole, dell’utilizzo della parola come strumento-portatore della conoscenza, del sapere e, di conseguenza, dell’emancipazione da uno stato regressivo di negazione a uno stato di accettazione, di desiderio di andare e di prendere il proprio avvenire è un altro tratto fondamentale ricostruito nella formazione di Marlon, come nell’incontro con la poesia di Shakespeare, che colma o spinge ad un bisogno di compimento quelle deficienze fonetiche date dalla dislessia e da una disimpiego del dialogo nella giovinezza solitaria.
Nei suoi andirivieni temporali all’interno degli stati psicologici ed emotivi di Brando, l’autrice non perde mai le linee guida della sua inchiesta dell’anima e della mente, e se immaginassimo una sorta di costruzione piramidale realizzata dai concetti-simbolo di tutta una vita, alzando gli occhi verso la cima della piramide troveremmo una parola a capeggiare a cararatteri cubitali : DESIDERIO.
Per la Gerace tutta l’esistenza di Brando è stata attraversata dalla volontà di introiettare in sé la pulsione al desiderio, di trasformarsi da soggetto che vuole essere compiuto, amato, e integrato nell’Altro, a soggetto che desidera, che ha superato, freudianamente parlando, la castrazione, l’idea di mancanza e di indeterminatezza, di limitatezza contro l’Assoluto.
Probabilmente, e senza volerlo, la Gerace fa apparire Marlon ai nostri occhi come un altro tipo di Paladino o di Eroe, che combatte in nome dell’emotività dilaniata di tanti uomini e tante donne per vincere sul campo di battaglia dei fantasmi del proprio passato, della propria psicologia, del contesto sociale e culturale in cui siamo generati e spesso siamo indifesi, vulnerabili, spezzati.
Perchè in fondo, Marlon ha sempre dato l’idea di averla in qualche modo vinta, quella battaglia, e ogni sua apparizione cinematografica non era altro che la manifestazione fantastica e sognante, sovrapposta e sovraimmaginata del suo Io inquieto, che si incarnava nel DESIDERIO stesso (da cui il titolo del saggio Quando l’uomo si fa desiderio), alternando le cicatrici alle medaglie, i momenti di trionfo alle sconfitte senza consolazione (il suicidio della figlia Cheyenne), sotto il segno dell’ambivalenza, se non dell’ambiguità, e sempre con un atteggiamento di intensa, totalizzante voracità verso la vita.
Voracità e oralità sono altre parole fondanti nella personalità di Brando e la Gerace ne coglie il significato nel rapporto di Marlon con il cibo, utilizzato come puro mezzo di piacere e di godimento infantile e sintetizzato dall’immagine del Brando bambino davanti al frigorifero nella cucina della casa ‘svuotata’ dall’assenza della madre e riempita e invasa dalla torta di mele che la stessa madre aveva lasciato come surrogato della sua presenza.E il cibo rimarrà il veicolo, più che il surrogato, per ricongiungersi alla madre : a quel lato puro, innocente, incontaminato, che lo portavano a commuoversi davanti all’immagine del bambino sioux in Balla coi lupi.
Solo l’averci fatto catturare questo momento anomalo, dona una tenerezza e una magia unica a questo breve saggio, che si legge in una maniera disarticolata, credendo di aver capito tutto, ma alla fine rimettendo tutto in discussione, dicendo tanto e di più di una biografia tradizionale. Perchè Marlon non viene proiettato sopra una parete, ma si attacca, con le sue parole, al cuore e al pensiero.
Marlon Brando.
Quando il desiderio si fa uomo
Un ritratto sfaccettato di un leggendario attore, senza ipocrisie,alla luce delle teorie freudiane
Cosa c’è dietro un’icona del cinema? Dietro lo sguardo e il sorriso immortalati sulle pellicole degli anni Cinquanta? Dietro la facciata rude de Il selvaggio Johnny?Se ne è scritto molto, ma sarà mai abbastanza per tentare di delineare un profilo tanto sfuggente, quanto ormai scomparso nelle spire della caducità umana?Probabilmente no e nessuno rinuncerà a dire la sua.Certamente non si può tacere della lettura – alla luce delle lezioni freudiane, e tutt’al più che ricorre proprio quest’anno il centocinquantesimo anniversario dalla nascita del grande Sigmund – effettuata da Eva Gerace Gemelli, psicologa esperta in psicanalisi formatasi in Argentina e scrittrice, nel suo Marlon Brando.
Quando il desiderio si fa uomo, a cura di Daniela Pellicanò (Città del Sole Edizioni, pp. 72, € 8,00).Quello che l’autrice ama definire un «saggio senza preavviso», in origine era una relazione dal titolo Il cibo è stato sempre un buon amico tesa a dimostrare le origini psichiche della bulimia, ed evolutosi poi in saggio alla ricerca del caso “clinico” nel mito e nella leggenda del cinema. Supporti irrinunciabili tutte le biografie autorizzate e non.
I diversi aspetti del percorso psichico dell’uomo Brando sono sintetizzati dalla Gerace anche attraverso i titoli dei numerosi film interpretati dall’attore, sottolineando maggiormente la relazione da vasi comunicanti delle due identità dell’artista.
Per esempio L’ammutinamento del Bounty allude alla sua natura vandalica, che decise i genitori a farlo raddrizzare in una scuola militare da cui poi fu cacciato per averne rubato la campana. Il selvaggio allude alla sua ricerca e alla scoperta di una libertà senza limiti, alla lunga anche devastante e Superman alla sua fortuna con le donne ma anche al disordine affettivo, tanto da fargli confessare a un biografo: «Io sono solo una puttana che ha lavorato sul marciapiede di fronte».
La Gerace rincara la dose con un interrogativo lapidario: «ancora non sa a cosa serve un marciapiede e qual è il suo?Essere gli altriParafrasando Jorge Luis Borges, l’autrice ricorda nella Prefazione che «siamo tutto il nostro passato, il nostro sangue, la gente che abbiamo visto morire, i libri che ci hanno migliorato, in una parola… siamo piacevolmente gli altri.Sulle orme di Freud, così si ricerca il nesso tra la storia di un soggetto e il sintomo. Così il mito Brando si riscontra nel difficile rapporto col padre, commesso viaggiatore fallito, nella madre alcolizzata, attrice e fondatrice di una compagnia di teatro sperimentale, che scoprì Henry Fonda e che rinunciò alla carriera per sposarsi.
Il senso dell’abbandono incombe sempre sulla sua vita: al primo, quello della madre a favore della bottiglia, segue quello di Ermi, la governante diciottenne, a cui è legato il ricordo d’infanzia più dolce per il piccolo ma anche la prima delusione, quando ella lo abbandona per sposarsi.Quindi il borgesiano “essere gli altri” significa per Brando soffrire per gli altri, tanto che fa specie pensare che l’uomo forte e virile ha continuato ad avere debolezze infantili, quali ad esempio il suo attaccamento all’oggetto-cuscino, diventato – per il bambino prima e per l’adulto dopo – «un talismano infantile»: abbracciato ad esso dormiva in ore e luoghi insoliti.La patologia si manifesta anni dopo, quando per sopportare la perdita della madre, il cui ricordo più bello era legato ad un pomeriggio passato accoccolato accanto a lei, in ospedale prende un ciuffo dei suoi capelli e il suo cuscino.
Il mangiare e il bereDue azioni che per l’uomo comune sono di sussistenza assumono per Brando sembianze tragiche.L’azione del bere si associa alla dipendenza dalla bottiglia di entrambi i genitori. E stranamente il binomio bere/amare non si scioglie neanche in età adulta: è in seguito ad un’ubriacatura
che perde la verginità con una donna più grande di dieci o quindici anni. L’alcool è sempre causa di privazione dei suoi oggetti d’amore, come la madre e il migliore amico Wally Cox. Un destino segnato.L’azione del mangiare si lega invece ad un tentativo di ritrovare la madre, perché ricorda che quando era piccolo e tornava da scuola, trovava ad accoglierlo non lei ma i piatti impilati nel lavello.
Si ritrovava solo, apriva il frigorifero e si incontrava con una torta di mele che lo seduceva.
Così «Il cibo è stato sempre un buon amico, d’accordo quasi con Guillame Apollinaire: «Colui che mangia non è solo.Ecco come si spiega la sua passione per i gelati e gli attacchi notturni in cui ingurgitava hamburger. Non era grasso per costituzione ma per gola, perché mangiava; eppure prima di girare un film, riusciva a perdere con una ferrea dieta quindici chili. Il suo problema non era fare dieta e ginnastica, ma ammettere che il cibo fosse un piacere e quasi un mezzo per amare.
Non avendo mai smesso di esserlo, del fascino rude e dolce con l’andare degli anni ne restò solo l’ombra, fino a pesare 160 Kg. Impietosamente i giornali scandalistici fecero a gara nel pubblicare le foto più recenti, mettendolo spietatamente a confronto con le immagini dei tempi d’oro.
Disordine e successoIl disordine domina ed indirizza la sua vita perché, spiega la Gerace, «Nessuno gli dice cosa si può fare e cosa no […] ancora non sa a cosa serve un marciapiede e qual è il suo?»Così passa da un “amorazzo” ad un altro senza soffermarsi, fa quello che gli piace e non gli importa se è giusto o meno.
E la sua autostima passa anche attraverso un vivere senza regole e fuori dalle regole, questo perché soprattutto il padre non l’ha mai incoraggiato e l’ha sempre fatto sentire un buono a nulla, tanto che quando la famiglia gli riconosce di saper recitare, Brando acciuffa quel “tram chiamato desiderio”, riuscendo con tanta fatica e forza di volontà a superare anche la dislessia da cui è affetto sin da bambino.
Così racconta la Gerace: «Quando iniziò a lavorare nel cinema inventò trucchi per imparare a parlare, pensava a come accomodare la lingua per non balbettare.
Da qui nacque quel modo singolare di parlare, pausato, che tanto lo ha caratterizzato. È stato il risultato del suo sforzo per dissimulare la sua ecolalia».Ecco quindi l’uomo con le sue debolezze arretrare per far posto all’attore che presta il suo corpo, la sua voce, il suo sguardo magnetico a personaggi immortali e certo meno problematici del loro alter ego.
Annalisa PontieriA. P., esperta di Storia dell’arte, è collaboratrice della rivista www.scriptamanent.net (della quale è responsabile delle sezioni Letteratura ed Editoria varia) nonché coordinatrice della rivista Rnotes. Socia di Bottega editoriale Srl, ne coordina i progetti. (direfarescrivere,anno II, n. 5, giugno 2006)
Un libro che spiega come la nostra mente crea il desiderio
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domenica 10 febbraio 2008
Marlon Brando: La Città del sole edizioni ha pubblicato un libro sulla nascita del desiderio.
L'argomento è affrontato da Eva Gerace Gemelli che cura la collana "Arte e Psicanalisi" pubblicata dallo stesso editore.
La particolarità del saggio nasce dalla struttura e dalla metafora attraverso i quali viene chiaramente spiegato questo processo inconscio: analizzando la vita di Marlon Brando.
Marlon "Bud" Brando ebbe un rapporto particolare con i genitori: entrambi alcoolisti. Ma in alcuni libri egli raccontò come in quanche modo cercò di sostituire l'abbandono psicologico della madre. Marlon soffriva perchè percepiva che la madre preferiva la bottiglia piuttosto che dedicarsi alle cure del proprio figlio e questo scavò molto nella personalità del ragazzo che cercò la madre in molte donne, per molto tempo dopo la sua morte.
Il desiderio nasce per sostituire il vuoto lasciato da un grave abbandono. Se noi ci rifiutiamo o non siamo pronti ad affrontare quel vuoto la fantasia diventa il complice perfetto per nascondere a noi stessi la realtà.
L'analisi della vita di un uomo che ha anche approfittato della sua professione per sopportare i dolori della vita.
Le scelte dei suoi film lo hanno aiutato a superari alcuni momenti di crisi, non solo, si sono rivelati a volte terapeutici per capire se stesso in un tempo in cui per la maggior parte delle persone sarebbe stato difficile comprendere.
Con un linguaggio semplice e chiaro Gerace ci spiega come capire la natura e l'occasione della nascita di alcuni desideri reconditi, per farci riflettere sulla spinta nella vita che questa sensazione offre.
Nelle ultime pagine l'autrice scrive una carrellata di punti di vista autorevoli per la storia del pensiero proprio sul desiderio.
"Quando il desiderio si fa uomo"
Mentre usciva negli Stati Uniti e in Gran Bretagna la biografia "Brando Unzipped" che si soffermava sulle relazioni "pansessuali" dell'attore, in Italia si era già pubblicato da alcuni mesi un saggio di analisi psicanalitica proprio sulla figura dello straordinario attore.
A condurre questa indagine attenta e accurata è Eva Gerace Gemelli psicologa ed esperta in psicoanalisi. Questo saggio nasce inizialmente come relazione ad un convegno nel quale la Gerace era in passato intervenuta.
Il percorso scelto dall'autrice ricostruisce la vita e le esperienze che hanno segnato profondamente l’attore, in primo luogo i rapporti con la famiglia e gli affetti, partendo da quello che lo stesso Brando ha voluto che si sapesse di lui, nelle biografie autorizzate; quella di Robert Lindsey del 1988 in particolare, dove l’attore chiede allo scrittore di parlare di tutto, tranne che dei matrimoni e dei figli.
Il processo di strutturazione soggettiva che il testo della Gerace mette in luce trae proprio le sue mosse soprattutto da ciò che l’attore-personaggio Brando sceglie di rimuovere dalla sua storia ufficiale.
Eva Gerace scrive “Di fronte a ciò che chiamiamo realtà, l’unica forma che abbiamo per ubicarci è la finzione. Dunque è grazie alla finzione che possiamo accedere alla verità”.
La storia di un uomo che è diventato un mito, non solo per i personaggi che ha interpretato, ma anche per una vita al di fuori dei canoni convenzionali, segnata da tragedie ed eventi drammatici, rivive in questo libro, alla luce di un principio che vale per tutti, gente normale e miti.
Parafrasando Borges, Eva Gerace Gemelli lo rivela con semplicità, all’inizio della lettura, “siamo tutto il nostro passato, il nostro sangue, la gente che abbiamo visto morire, i libri che ci hanno migliorato, in una parola… siamo piacevolmente gli altri”.
"Quando il desiderio si fa uomo"
“Marlon Brando. Quando il desiderio si fa uomo” è diventato un saggio senza preavviso. Ci sono certi personaggi che ci appassionano. Così come avevo scritto un saggio su Freud ricercando l’uomo, non lo psicanalista, così un giorno mi è venuto incontro il desiderio di sapere cosa c’era dietro un uomo che ha segnato la storia del cinema». Di quello che ha rappresentato l’icona di un’epoca questo libro offre un’analisi psicanalitica attenta e accurata, discorsiva e piacevole da leggere.
Il percorso scelto dalla Gerace ricostruisce la vita e le esperienze che hanno segnato profondamente l’attore, in primo luogo i rapporti con la famiglia e gli affetti, partendo da quello che lo stesso Brando ha voluto che si sapesse di lui, nelle biografie autorizzate. La storia di un uomo che è diventato un mito, non solo per i personaggi che ha interpretato, ma anche per una vita al di fuori dei canoni convenzionali, segnata da tragedie ed eventi drammatici, rivive in questo libro, alla luce di un principio che vale per tutti, gente normale e miti. Parafrasando Borges, Eva Gerace Gemelli lo rivela con semplicità, all’inizio della lettura, “siamo tutto il nostro passato, il nostro sangue, la gente che abbiamo visto morire, i libri che ci hanno migliorato, in una parola… siamo piacevolmente gli altri”.
365 Book Mark - Fiera del Libro Torino. 2006.
Ho fatto un piccolo paragone tra quello che dice il libro di Darwin Porter «Brando Unzipped» (Brando sbottonato) e questo, entrambi parlano di Brando, ambedue sviscerano il Brando uomo, ma con molte differenze: il primo fa un tipo di lettura sensazionalistica: gli piace mettere il naso nelle relazioni private, citando nomi che possano attirare la curiosità; il secondo cerca le cause di ciò che è successo a Brando, ma con il massimo rispetto… il primo è stato scritto negli USA e uscito anche in Gran Bretagna, il secondo in Calabria… Porter opera con un gusto da Hollywood-Babilonia.
Il libro che ho finito adesso di leggere, invece, mi ha fatto conoscere, in forma originale, l’altra faccia di uno dei più grandi attori della storia del cinema.
Sin dal titolo, l’autrice ha saputo catturare la mia attenzione, alla fine ho capito che in esso si condensa tutto il saggio.
Fulvio Mazza, Direttore responsabile “Dire Fare Scrivere”. Mensile di cultura e scrittura.
Mentre usciva negli Stati Uniti e in Gran Bretagna la biografia «Brando Unzipped», che si soffermava sulle relazioni “pansessuali” dell’attore, en Italia si era già pubblicato da alcuni mesi un saggio di analisi psicoanalitica sulla figura dello straordinario attore. A condurre questa indagine attenta e accurata è Eva Gerace Gemelli psicologa psicoanalista. “La Nazione” (giornale della regione Toscana: Pisa, Firenze, Livorno, Prato).
Il percorso di strutturazione soggettiva che il testo della Gerace mette in luce trae proprio le sue mosse soprattutto da ciò che l’attore-personaggio Brando sceglie di rimuovere della sua storia ufficiale. Eva Gerace firma questo breve e agile saggio. “Mezzoeuro”, settimanale d’informazione regionale. (Regione Calabria).
L’autrice ci presenta uno scambio approfondito tra letteratura e psicoanalisi. Formatosi in questa solida tradizione Argentina, dove l’autrice ha vissuto per molti anni, Eva Gerace Gemelli può sbriciolare in questo libro la vita e l’opera del grande attore. “Leggere Tutti” (Distribuito in tutta Italia).
L’altra faccia del mito hollywoodiano. L’opera prima della psicoanalista scrittrice Eva Gerace Gemelli ha suscitato un enorme interesse, come è testimoniato dalla grande presenza pubblica che si è lasciato coinvolgere nel dibattito tenuto presso la casa dove soggiornò lo scrittore Cesare Pavese a Brancaleone. Graziella Giordano “il Quotidiano” (giornale della Calabria)
Grande successo per il saggio su Marlon Brando. In uscita la seconda ristampa del volume della psicoanalista Eva Gerace Gemelli. Pubblicato nello scorso dicembre, ha riscosso subito un grande successo di pubblico e di critica, tanto di essere esaurito nel giro di sei mesi. Il libro è presente in tutte le maggiori librerie italiane ed è molto richiesto dagli appassionati di cinema, dal mondo della psicoanalisi, ma anche dal pubblico in genere, perché rappresenta una singolare e innovativa indagine sulla personalità e il vissuto del grande attore americano, anticipando il rinnovato interesse per la sua figura. “Lettere Meridiane”.
Marlon Brando
Quando il desiderio si fa uomo
di Francesco Idotta Eva Gerace Gemelli
Un saggio su Marlon Brando, scritto da una psicologa esperta in psicanalisi, la quale conosce l’importanza che hanno le parole: Eva Gerace Gemelli, nata in Calabria e cresciuta in Argentina, dove si è formata professionalmente. Tra i colori del Sud: dal Sud d’Europa al Sud d’America, lontano dal fragore e dalla frenesia della metropoli economicamente forte. In posti di “periferia” dove le aspirazioni e i sogni contano ancora qualcosa.
Eva Gerace Gemelli ha scelto, per il suo libro, un titolo evocativo, capace di condensare il contenuto. Una conversazione su uno dei più grandi attori della storia del cinema, trasformato in mito da e per intere generazioni.
Un mito cresciuto anche grazie a tutte le vicende analizzate dall’autrice di questo libro, la quale non racconta una seduta psicanalitica, ma riesce, partendo dalle scelte psichiche di Brando, a creare un’opera di valore universale: un percorso di domande e di interrogativi, in cui non ci si perde, perché Eva ci conduce per mano, dal particolare (Brando) all’universale (la riflessione personale di ognuno).
Il Marlon Brando conosciuto e amato, dalle generazioni che hanno visto i suoi film, è il figlio di un disagio sociale, originato da storie comuni a molti, come, ad esempio, quella di due genitori mancanti, (non assenti, ma mancanti) alcolizzati, infedeli a sé e al proprio compito.
Brando è un figlio compresso tra due esistenze votate all’autodistruzione, un bambino messo da parte e sottovalutato. Una storia tristemente comune, di ordinaria follia, un caso da Psicopatologia della vita quotidiana.
Quindi? Ci si potrebbe chiedere… Ecco la rivelazione di Eva Gerace Gemelli: “Quanto conta far crescere un desiderio e incarnarlo o, meglio, diventare desiderio incarnato?”.Non tutti i figli di coppie così disgraziate sono diventati attori famosi: la maggior parte han fatto una brutta fine ed hanno perpetrato il male subito.
Perché Marlon Brando è diventato attore da Oscar e Artista? Cosa lo ha salvato?Eva cerca di rispondere a questo quesito, e per farlo si pone tante altre domande, come un bravo filosofo e un bravo psicanalista.
Sono pagine che interrogano la Vita e nello specifico una vita, prendendo in esame l’accidentale, il caso: cosa spinge verso una soluzione piuttosto che verso un’altra?
Quanto conta il desiderio, ma anche il desiderio di chi ci tiene in grembo per nove mesi? Quanto contano le aspettative altrui e che ruolo hanno sulla nostra psiche?Brando si sente dire dal padre che non vale niente e che non ha mai fatto nulla di buono. Un giorno, però, qualcuno gli dice “Bravo” e tutto cambia.
Ma, senza il desiderio, sarebbe bastato quel “Bravo” per orientarlo sulla strada della recitazione? Oppure essa è da sempre segnata nel suo animo?Eva Gerace non dà risposte, ma pone domande radicali. Domande non sul senso della vita, ma sul senso di singole esistenze: quella di Brando e di ogni individuo che, come lui, ha una missione. Non si parla di predestinazione, ma di predisposizione.
Da dove nascono le attitudini? Forse sono frutto di un desiderio? Cosa determina il nostro essere ciò che siamo? Nel caso di Brando le parole, secondo la Gerace, sarebbero state determinanti, sia in senso negativo (paterne) sia in senso positivo (materne e femminili in genere – dalla balia alla moglie taitiana), ma ci sono cose che l’autrice lascia all’interpretazione del lettore: tra le righe di questo interessantissimo saggio c’è il “non detto”, che lo rende ancor più attraente, anche per chi di psicanalisi esperto non è.
La Gerace non è scontata nel giudizio: sarebbe facile inquadrare Brando in uno dei casi da manuale, ma Eva è una professionista. Sa che ogni esistenza è unica e che le generalizzazioni fanno perire i particolari, ossia le essenze dei fatti, e con esse la verità.La sua verità, Brando, sembra l’abbia trovata nella “finzione” del cinema, dove il nascondersi dietro una maschera vuol dire, il più delle volte, riscoprire se stessi e darsi agli altri nella propria e più intima essenza.
Marlon si fa desiderio per se stesso: esso è l’esempio, sembra dire la Gerace, che la forza sta nella parola, nel dire, nel penetrare l’anima del mondo, parafrasando Hillman, con la sua dirompente vitalità e forza… la parola, il desiderio più grande, che fin dall’antichità più remota possiede l’uomo e lo induce a liberare l’istinto, a veicolarlo verso la creazione.
Festival di Venezia di Cannes scuole corsi di cinema sceneggiatura.
Scuola di Cinema Sentieri Selvaggi
LIBRI DI CINEMA – “Marlon Brando – Quando il desiderio si fa uomo”
di Leonardo Lardieri (del 21/01/2007)
La vita e l’opera di Marlo Brando, seguendo il percorso “patografico”, dimostrando il nesso tra la storia di un uomo e il suo “sintomo”.
Il saggio della psicoanalista lacaniana è un racconto decostruzionista che rinuncia anche alla comprensione di un senso vero e proprio ma è capace di transitare sull’esistenza di un mito.
Città del Sole Editrice
MARLON BRANDO – Quando il desiderio si fa uomo Eva Gerace Gemelli
Città del Sole Edizioni1ª Ristampa – Settembre 2006
È un libro particolare quello scritto da Eva Gerace Gemelli, psicoanalista lacaniana.
La vita e l’opera di Marlon Brando in questo saggio, seguendo il percorso “patografico”, dimostrando il nesso tra la storia di un uomo e il suo “sintomo”.
Come insegnava Freud, l’opera spiegherebbe la vita e la vita l’opera, in un gioco di riflessi che si moltiplicano all’infinito e producono una rivelazione che permane ancora dopo la lettura. C’è un Brando sconosciuto e cifrato in queste pagine che la scrittrice e direttrice della collana “Arte e Psicoanalisi” per la piccola casa editrice calabrese “Città del Sole”, ha saputo rendere letteratura attraverso il linguaggio narrativo della teoria psicoanalitica.
Allo stesso Freud si riconosce, oltre il suo inestimabile valore scientifico ed umanistico, uno stupefacente uso ammaliatore della parola, oggi ancora di più oggetto di studio di critica letteraria. Attraverso delle schegge, transiti esistenziali, racconti brevi di vita, citazioni, Eva Gerace sembra voler arrivare ad una vera e propria strutturazione soggettiva del mito.
Studiosa molto apprezzata in Argentina (dove ha vissuto per diversi anni) e Columbia, l’autrice segue la traccia della realizzazione e della frustrazione del “desiderio” del soggetto, chiave universale per leggere la vita di ogni essere umano, secondo alcuni fondamentali principi della psicoanalisi.
A testimonianza del successo che questo libro sta ricevendo, basta ricordare il consenso che ha ottenuto sia dagli ambienti accademici che dal pubblico fino a dover richiedere la prima ristampa ad appena pochi mesi dalla sua uscita.
Come in un racconto decostruzionista, si rinuncia anche alla comprensione di un senso vero e proprio, per entrare in una dimensione frammentaria e discontinua lontana da quella per grandi narrazioni del sapere, capace di giungere alla storia di un uomo che è stata figura controversa e complessa, appesantita dal mito e dagli scandali. Marlon Brando non è una cavia nelle mani dell’autrice, ma è sempre visto in qualità di persona, “eccezionale” nel senso che la sua storia è stata fuori dai canoni della “normalità”.
Prima di inoltrarsi nella lettura, Eva Gerace Gemelli, nella prefazione ricorda, parafrasando Borges, che siamo tutto il nostro passato, il nostro sangue, la gente che abbiamo visto morire, i libri che ci hanno migliorato, in una parola… siamo piacevolmente gli altri.Festival di Venezia di Cannes scuole corsi di cinema sceneggiatura. Scuola di Cinema Sentieri Selvaggi