eva gerace
io che porto la giubba......
CITTÀ DEL SOLE EDIZIONI – Italia
Una giovane sofferente di endometriosi si è definita con questa frase “ Io che porto la giubba e la faccia mi infarino”.Nasce da qui il titolo di questo libro. Colei che porta la giubba porta il “peso” di quel tessuto che si prepara per la scena della femminilità, … il peso del sangue, del tessuto che non le consente di muoversi e di uscire. La donna che soffre si “arma” e si “protegge” con un’armatura e la “faccia si infarina”, con un doppio movimento: uno per poter andare verso il mondo e uno per darsi una parvenza di femminilitàL’endometriosi è una malattia scoperta nel 1690 in Germania, ma solo da alcuni anni comincia ad essere seriamente considerata dagli addetti ai lavori e dalla popolazione in generale.Silente, Allontanamariti, questi sono solo alcuni dei nomi popolari di una sofferenza sottaciuta, che colpisce il centro stesso della donna, la sua femminilità, e anche la sua possibilità di diventare madre. Circa il 30-40% delle donne con endometriosi non è fertile. Le due funzioni fondamentali della donna, la femminilità e la maternità, sono compromesse, perché “mortificate ”, da questo malessere invalidante, una malattia progressiva, che interessa le cellule dell’endometrio, le quali si alloggiano fuori dell’utero, nella zona del basso ventre o anche in altri organi creando focolai endometriosici. La ricerca è sulla buona strada: si delineano sempre più chiaramente le possibili cause. La gravità di questa affezione, e l’insistenza del dolore che genera, hanno indotto gli studiosi a mettere in atto ricerche sempre più approfondite, per tentare di dare sollievo alle donne che ne soffrono. Il presente lavoro illustra i risultati di alcune delle ricerche fin qui condotte, con l’intento che la sua lettura possa essere di aiuto. La particolarità di questo libro sta nell’idea di trattare l’endometriosi da almeno due prospettive: quella medica e quella psicoanalitica. Esso si articola in varie sezioni, attraverso le quali si è voluto intraprendere un cammino per tentare di capire perché proprio nella nostra epoca, nella quale la donna ha conquistato spazi che mai aveva avuto, si sia giunti a questi estremi di sofferenza. La donna, che resta “mortificata”, per poter continuare a vivere, deve “uscire” e chiedere aiuto: occorre un ascolto sempre più attento e profondo, per sconfiggere il dramma della necessità di indossare quella maschera che oscura il sole della femminilità